COM'ERI VESTITA?
Cade il 25 Novembre la ricorrenza che grida al mondo di fermare la violenza sulle donne, sapete non è un giorno scelto a caso perché esattamente in quella data del 1960, nella Repubblica Domenicana, le sorelle Mirabal furono uccise per aver combattuto il regime autoritario di Rafael Trujillo, ossessionato da Minerva Mirabal tanto da volerne la sua morte.
Dunque il 25 Novembre porta con sé una storia che non può essere dimenticata, una storia che, in realtà, appartiene ancora ai giorni nostri. Troppe sono le vittime che subiscono abusi e molestie da parte di uomini, il più delle volte narcisisti, sempre più fragili e incapaci di accettare la libertà e l’indipendenza della donna, immergendola in un vortice tossico fatto di sensi di colpa, debolezza e paure.
Tuttavia, se a farla da padrone sono un netto divario economico e la mancanza di sostegno familiare allora sì che gli effetti possono diventare devastanti! Potrebbe quasi essere un’immagine da serie Netflix e magari è già stata proposta ai nostri occhi, ma quando il tutto si mescola con la realtà è impossibile non sentirne gli effetti specialmente se una madre, avvezza a sottomissioni e abusi ormai normalizzati, pronuncia frasi come : “Lo hai sposato? ora te lo tieni!”, oppure “Gli uomini non sono perfetti e noi dobbiamo garantire l’unione della famiglia” o ancora “ Il matrimonio è fatto di pazienza, devi sopportare anche questi momenti”, tutte frasi che garantiscono una sorta di violenza assistita da parte della madre generando un brutale senso di abbandono nella figlia.
Pertanto, decisivo è anche il ruolo della famiglia ma soprattutto della mamma la quale deve coltivare un rapporto di complicità che sia in grado di dare continuamente forza e sicurezza alla figlia, anche se adulta e lontana dal tetto familiare.
Il punto è proprio questo: queste donne non devono sentirsi sole!
Cosa fare allora?
Sicuramente il primo passo, dal punto di vista sociale e mediatico, è quello di sensibilizzare gli uomini e renderli consapevoli e partecipi, ma sopratutto è necessario decostruire alcuni stereotipi relativi alla violenza tra cui “ l’idea che l’abbigliamento possa esserne la causa e che l’atteggiamento e il comportamento della donna possano averla provocata”, e qui i dati parlano chiaro: il 23,9% della popolazione ritiene che la donna possa provocare la violenza sessuale con il suo modo di vestire.
Da qui la scelta del titolo di quest’articolo “Com’eri vestita?”, lo so è una domanda fredda e presuppone la corresponsabilità della vittima, come se la scelta su cosa indossare desse poi una sorta di diritto ad aggredire o violentare una donna. E credetemi molte volte sono abiti casalinghi come il pigiama a rappresentare una storia di violenza subita da un compagno che non accetta un NO o da una figura familiare da cui ti aspetti sicurezza e protezione.
La violenza, soprattutto quella sessuale, non può essere eliminata cambiando look o un abito.
E noi di abiti ce ne intendiamo, li creiamo per le donne e, attraverso loro, cerchiamo di garantire il rispetto di un diritto ancora violato dall’ignoranza, ovvero quello dell’allattamento. Ahimè anche questa, ad oggi, è una forma di violenza, prettamente psicologica, che le donne devono ancora subire.
Sapete a quante mamme viene richiesto di allontanarsi da un locale pubblico perché hanno il seno fuori? Ma davvero una mammella, creata per soddisfare il bisogno nutritivo dei piccoli, può arrecare tanto fastidio? E perché un corpo semi nudo o addirittura nudo, commercializzato dai mass media per fini pubblicitari , non turba così tanto l’opinione pubblica?
Beh direi che questa contraddizione di fondo si basi su un tabù sociale che ha assunto e continua ad assumere le sembianze di una legge non scritta.
Ma esiste una legge di natura più forte che si chiama Libertà e che ogni donna, dalla mamma che allatta in luogo pubblico, alla ragazza che indossa la minigonna o alla moglie che decide di lasciare il marito, ha il diritto di esercitare e sono proprio queste donne che, mosse dalla potenza di tale natura, la gridano al mondo, molto spesso, a costo della loro vita.
Ognuna/o di noi porta con sé la scelta di poter fare, di poter agire per debellare queste discriminazioni, violenze e abusi che investono costantemente il mondo femminile.
Noi abbiamo deciso di farlo creando abiti per l’allattamento, e voi cosa avete in mente di fare?
Magari potreste iniziare con l’educare i vostri figli al rispetto della donna, a capire che un abito serva a valorizzarla non denigrarla, a congratularsi con le donne che allattano fuori casa e soprattutto a capire che la DONNA è un essere speciale perché porta, per natura, il privilegio di DONAre la vita. Non è un caso che la radice sia la stessa!
Facciamo in modo che “ Com’eri vestita? ” si trasformi in “ Come sei bella vestita così ” , abituiamoci, quindi, ad aggiungere amore piuttosto che togliere vita.